Pensione metodo contributivo
La pensione con il metodo contributivo viene introdotta con la legge 335 del 1995, cosidetta riforma Dini, in sostituzione del precedente sistema di calcolo basato sul metodo retributivo. Con l'entrata in vigore del metodo contributivo, a partire dal 1996, la pensione lorda del lavoratore non è più determinata dagli ultimi cinque anni di lavoro pre-pensionamento, bensì dal cumulo dei contributi versati dal lavoratore nel corso della vita lavorativa. L'ammontare dei contributi versati dal lavoratore nel corso della vita, rivalutato di anno in anno in base al tasso di crescita del Pil nazionale, è detto montante individuale contributivo.
Al raggiungimento dell'età minima consentita per la domanda di pensionamento, la pensione del lavoratore è calcolata moltiplicando il montante individuale contributivo per un coefficiente di trasformazione. Il coefficiente di trasformazione è determinato sulla base dell'età del lavoratore al momento della domanda di pensionamento e della speranza di vita media nazionale. Ad esempio, nel 2009 ad un lavoratore di 65 anni che presenta la domanda di pensionamento è applicata un coefficiente di trasformazione di circa il 5,6%. Ciò vuole dire che se il montante individuale dello stesso lavoratore è pari a 200.000 euro, moltiplicando quest'ultimo per 5,6% si otterrà una pensione lorda annuale di 11.200 euro (circa 930 euro al mese).
Il coefficiente di trasformazione è un parametro variabile, collegato all'età di pensionamento del lavoratore. Ciò vuole dire che quanto prima il lavoratore presenta la domanda di pensionamento, tanto minore è il coefficiente di trasformazione applicato per calcolare la pensione poiché maggiore sarà la sua speranza di vita. La pensione con il metodo contributivo garantisce una maggiore stabilità al sistema previdenziale.