Teoria mercantilista della moneta

Gli economisti mercantilisti elaborano una teoria della moneta che introduce i primi elementi della teoria quantitativa. Nel XVI e XVII secolo l'Europa conosce gli effetti economici dell'afflusso di oro proveniente dalle Americhe, un fenomeno che si manifesta in particolar modo in Spagna. La grande quantità di oro dal nuovo continente innesca la rapida inflazione dei prezzi nel vecchio continente, in quanto la crescita repentina della domanda non riesce ad essere interamente soddisfatta dall'offerta. Agli economisti dell'epoca non sfugge questa relazione, l'aumento della quantità di oro ( moneta ) in circolazione genera un aumento dei prezzi delle merci. Questo è il nocciolo della teoria quantitativa della moneta.

teoria quantitativa della moneta

La teoria quantitativa della moneta viene elaborata in diversi contributi teorici, ognuno indipendente dall'altro, scritti in epoche diverse. Una prima formulazione completa ( vecchia teoria quantitativa ) viene formulata nel XVI secolo da Jean Bodin. Nel XVII secolo la teoria quantitativa viene ripresa ed ampliata dagli economisti mercantilisti che la usarono per spiegare l'andamento delle transazioni economiche e non più soltanto le variazioni dei prezzi. Pur avendo la stessa base teorica, la teoria quantitativa dei mercantilisti ( nuova teoria quantitativa ) è molto diversa da quella coniata da Jean Bodin un secolo prima.

la formula della teoria quantitativa

Il processo inflazionistico causato dall'afflusso dell'oro e dell'argento dalle Americhe è evidente nel XVI secolo, quando Jean Bodin elabora la prima teoria quantitativa, ma si riduce fino ad arrestarsi del tutto nel XVII-XVIII secolo quando la teoria mercantilista diventa la scuola di pensiero dominante. Per questa ragione i mercantilisti sono meno propensi a porre in relazione il volume della moneta al livello di prezzi o, perlomeno, cercano di ampliare la relazione tra moneta e prezzi introducendo anche il volume delle transazioni ( quantità di merce negli scambi ). La teoria quantitativa dei mercantilisti non è più una teoria monetaria dei prezzi, bensì una teoria delle attività produttive.

Nel XVIII secolo l'inflazione dei prezzi non è più un problema e non è più un fenomeno direttamente osservabile dagli economisti mercantilisti. L'afflusso di oro e di argento dalle Americhe si interrompe e i metalli preziosi tornano ad essere una risorsa scarsa che i paesi europei si contendono. Nella visione mercantilista il commercio è un gioco a somma zero in cui una parte guadagna e l'altra perde. Quando scrivono i mercantilisti il vero problema economico dei paesi è la depressione economica e la scarsa disponibilità della moneta.

le diverse condizioni economiche in Europa nel 15 e 16 secolo

Ciò che i mercantilisti vedono nella moneta non è il rischio inflazionistico, come i loro predecessori, bensì l'effetto reale che la moneta genera sugli scambi e sulle transazioni. Secondo i mercantilisti, il mercante che incamera l'oro accresce il proprio potere di acquisto e, indirettamente, aumenta il volume delle transazioni di merci e gli scambi nel proprio paese.

La visione mercantilista si traduce in politiche economiche monetarie a favore dell'avanzo della bilancia commerciale con l'estero. La vendita delle merci nazionali agli altri paesi viene pagata con oro e argento, ciò consente al paese esportatore di aumentare la quantità dei metalli preziosi nei suoi confini e, pertanto, di aumentare la circolazione monetaria (M) e il volume delle transazioni interne (T).

effetto reale di una politica monetaria espansiva nella teoria quantitativa della moneta mercantilista

Secondo i mercantilisti l'afflusso di oro dall'estero non deve essere tesaurizzato nelle casse statali. Al contrario, l'aumento di oro dovrebbe essere interamente utilizzato per aumentare la quantità di moneta interna e stimolare la produzione nazionale. È importante ricordare che i mercantilisti non considerano più attuale la relazione tra la quantità di moneta e il livello dei prezzi ( inflazione ). In tali circostanze, l'espansione monetaria si traduce in un aumento della produzione e delle transazioni interne.

Gli effetti reali dell'aumento della quantità di moneta sono spiegati in modo diverso dagli economisti mercantilisti. Alcuni autori ( es. John Law ) sostengono che l'afflusso di oro ( fenomeno monetario ) si trasforma direttamente in un aumento della domanda e della produzione ( fenomeno economico reale ).

effetti reali della politica monetaria secondo i mercantilisti ( teoria quantitativa mercantilista )

Altri autori mercantilisti ( es. Edward Misselden, Gerald de Malynes ), invece, elaborano una spiegazione basata sulla trasmissione indiretta degli effetti monetari sulle attività economiche, tramite la riduzione del tasso di interesse sul credito. Le due visioni sono complementari, non si escludono a vicenda, e spesso sono utilizzate per costruire un'unica teoria mercantilista della moneta con due canali di trasmissione degli effetti monetari nell'economia reale:

  • Trasmissione diretta. L'incremento della disponibilità monetaria aumenta direttamente il livello dei redditi nazionali che, a parità di prezzo, si traduce in una crescita dei consumi e della produzione interna ( effetto reale ).
  • Trasmissione indiretta. L'incremento della quantità di moneta aumenta anche l'offerta di prestiti, rendendo più facile accedere al credito. Ciò si traduce in una riduzione del tasso di interesse sui prestiti ( costo del denaro ). Il tasso di interesse più basso stimola indirettamente le attività produttive, le quali possono accedere al prestito a un minore costo.

Teoria monetaria dell'interesse. Nella scuola mercantilista sono presenti i primi cenni di una teoria monetaria dell'interesse. Nella spiegazione degli effetti reali della quantità della moneta, i mercantilisti non si limitano alla sola relazione diretta tra incremento della quantità di moneta e incremento del reddito degli operatori economici. A questo canale di trasmissione diretto affiancano anche un meccanismo indiretto, basato sulla relazione inversa tra la quantità di moneta e il saggio di interesse e sulla relazione inversa tra il saggio interesse e l'attività produttiva.

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note


  • La critica di David Hume alla teoria monetaria dei mercantilisti. La teoria della moneta della scuola mercantilista viene duramente criticata nel XVIII secolo dall'economista scozzese David Hume. Secondo Hume, nel lungo periodo l'afflusso di moneta in un paese causa l'incremento dei prezzi nazionali che riduce la competitività delle merci nazionali sui mercati internazionali. La relazione tra flusso monetario e prezzi riduce le esportazioni del paese riportando in equilibrio la bilancia commerciale. In conclusione, secondo Hume la moneta non è neutrale e l'afflusso di moneta dall'estero è soltanto temporaneo. La stessa intuizione si trova in uno scritto di Thomas Mun, pubblicato circa un secolo prima rispetto a Hume.
    la relazione tra flusso monetario e prezzo
  • Non neutralità della moneta. Le intuizioni dei mercantilisti sulla non neutralità della moneta sono particolarmente apprezzate da Keynes.
  • Elasticità delle esportazioni al prezzo. I mercantilisti sono a conoscenza della relazione tra i flussi monetari e i prezzi nel lungo periodo ( teoria quantitativa ) e sanno che le variazioni dei prezzi influiscono sulle quantità delle importazioni e delle esportazioni di un paese. Tuttavia, i mercantilisti ipotizzano l'esistenza di flussi di import/export poco sensibili alle variazioni dei prezzi. Secondo gli economisti mercantilisti la domanda dei beni esteri è sostanzialmente una domanda inelastica al prezzo degli stessi. In questo caso l'eventuale aumento del prezzo del bene esportato non riduce il valore di esportazione bensì lo aumenta, migliorando ulteriormente l'avanzo di bilancio del paese esportatore.
    esempio di domanda di beni di import poco elastica al prezzo
    Questa visione mercantilista è giustificata dal loro contesto storico. Nel XVII-XVIII secolo non esiste un elevato livello di concorrenza internazionale e ogni paese è specializzato a produrre e vendere dei beni economici specifici. Le variazioni dei prezzi relativi ( ragioni di scambio ) tra paesi diversi non modificano le quantità acquistate. Inoltre, i paesi europei importano le materie prime dalle proprie colonie oltremare, in America o in Asia, a basso prezzo e a quantità costanti. Con la diffusione della manifattura i paesi capitalistici iniziano a condividere gli stessi modi e strutture di produzione per produrre gli stessi beni, diventando dei concorrenti sui mercati internazionali.
  • Concorrenza di prezzo nel settore manifatturiero. Nel XVIII secolo l'economista irlandese Richard Cantillon descrive un meccanismo flusso monetario-prezzi simile a quello di David Hume ma lo considera valido soltanto per il settore manifatturiero. Ciò potrebbe avvalorare l'ipotesi della scarsa concorrenza di prezzo sui mercati internazionali, salvo che per i manufatti e per i prodotti pre-industriali. L'affermazione dell'industria nel XIX secolo ha, infine, esteso la teoria del flusso monetario-prezzi a tutto il sistema economico, diventando una teoria generale dei prezzi e dello scambio. Da sottolineare un aspetto, pur essendo mercantilista, Richard Cantillon introduce ulteriori affinamenti nella sua teoria.
    ipotesi di Richard Cantillon sulla relazione tra flusso monetario, reddito e domanda di beni di importazione
    Ad esempio, secondo Cantillon l'incremento della circolazione monetaria in un paese, dovuto a un avanzo della bilancia commerciale con l'estero, spinge verso l'alto i redditi nazionali, facendo crescere la domanda dei residenti sia per i beni nazionali che per i beni esteri ( importazioni ). La crescita della domanda dei beni nazionali aumenta il prezzo degli stessi, riducendone la loro competitività sui mercati esterni. La crescita della domanda dei beni esteri aumenta il volume delle importazioni. Questi due fenomeni ( minore competitività beni di esportazione e aumento dele importazioni ) accelerano il processo di riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
  • Bilancio del lavoro favorevole. Per evitare il rischio di inflazione nel lungo periodo, causato dalla relazione tra il flusso monetatorio e il prezzo, nel XVIII secolo l'economista mercantilista Josiah Tucker suggerisce di utilizzare la moneta in eccesso per finanziare gli investimenti nel settore produttivo. L'ampliamento della capacità produttiva ( offerta ) avrebbe compensato la crescita della domanda e frenato l'impatto sui prezzi. Josiah Tucker propone, inoltre, di investire nei settori produttivi labour-intensive ( basso rapporto K/L ) dove la manodopera lavorativa è abbondante. La politica di Tucker è anche conosciuta come bilancio del lavoro favorevole.



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