Declino del mercantilismo
La scuola mercantilista conosce la sua fase di declino nel corso del XVIII secolo, quando le sue teorie non riescono più a spiegare i fenomeni economici, né a formulare delle politiche economiche efficaci. Nel XVIII secolo la realtà economica conosce importanti cambiamenti, sia dal punto di vista sociale che economico. Le cause del declino della teoria mercantilista sono molteplici.
La crisi del capitalismo commerciale
Il margine di profitto delle compagnie mercantili e dei mercanti manifatturieri si riduce a causa della crescente concorrenza, mentre i capitalisti-produttori consolidano la propria ascesa e la propria importanza nei sistemi economici. Il capitalismo commerciale dell'accumulazione originaria entra in crisi, lasciando il posto a una forma più evoluta, quella del capitalismo industriale. Si afferma una nuova figura di capitalista della produzione mentre quella del mercante-manifatturiere scompare rapidamente.
L'origine del valore dallo scambio alla produzione
Le teorie mercantiliste sono basate sul commercio e si dimostrano ben presto inadeguate a spiegare i complessi fenomeni economici della prima rivoluzione industriale. L'attenzione degli osservatori economici si sposta dallo scambio ( commercio ) al processo di produzione delle merci. Si comincia a ipotizzare che l'origine del valore non sia nelle forze di mercato e nella domanda, come sostenuto dalla teoria neoclassica, ma risiedano nella sfera produttiva e nei costi della produzione.
Dal protezionismo al liberismo
L'ascesa del capitalismo industriale influenza le politiche economiche degli Stati. I nuovi capitalisti della produzione non traggono un guadagno dallo scambio bensì dalla produzione. A differenza dei mercanti-manifatturieri, i nuovi capitalisti industriali non hanno alcun interesse alle politiche di protezionismo nei traffici commerciali con l'estero. Al contrario, spesso il protezionismo e l'intervento statale nell'economia sono considerati come degli ostacoli alle attività produttive. I nuovi capitalisti della produzione maturano un interesse per le politiche economiche liberiste ( liberismo ), per la concorrenza e il libero scambio.
L'ascesa dell'individualismo
I compiti dello Stato si riducono. Al policy maker non è più chiesto un intervento di protezione dal commercio con l'estero, ma soltanto un'attività di tutela dei diritti di proprietà dei soggetti privati. Si diffonde una visione individuale dei fenomeni economici ( individualismo ) che si scontra con il precedente ordine politico che, invece, si basa sulla convergenza di interesse tra le compagnie mercantili e i governi. Si afferma anche l'etica protestante che permette di giustificare qualsiasi comportamento egoistico dell'imprenditore-capitalista, senza dover subire la condanna religiosa dettata dai vecchi vincoli morali o ideologici del medioevo.
Le critiche alla teoria mercantilista
Il declino delle teorie mercantiliste è lento ma inevitabile. I primi aspetti critici emergono all'interno della stessa scuola mercantilista, da parte di autori che appartengono al mercantilismo. Successivamente, nel corso del XVIII secolo, le argomentazioni critiche sono rielaborate per sostenere la nascita di una nuova scuola di pensiero economico, basata su fondamenta diverse dal mercantilismo. In questo lungo processo critico che porta alla decadenza della scuola mercantilista meritano di essere ricordati i contributi teorici di William Petty, Richard Cantillon, John Locke, Pierre le Pesant de Boisguillebert, Bernard de Mandeville, Dudley North.
Uno degli ultimi difensori della scuola mercantilista nel Settecento è l'economista scozzese James Denham Steuart che, nonostante la diffusione delle idee liberiste, continua a sostenere le politiche economiche mercantiliste e la necessità degli interventi pubblici del governo sui mercati per proteggere gli interessi nazionali.
- Capitalista della produzione. Il capitalista della produzione è un imprenditore che trae il proprio profitto dalla sua capacità di organizzazione dei processi produttivi. Si distingue dal mercante-manifatturiero che, invece, tra profitto dallo scambio e dalla differenza tra il prezzo di acquisto e di vendita delle merci. Il capitalista della produzione conosce i processi produttivi, il suo know-how è simile a quello dei vecchi maestri di bottega delle corporazioni medievali, ma è più organizzato e finanziato. Spesso, i primi capitalisti della produzione sono gli stessi artigiani che inizialmente entrano nelle fabbriche come lavoratori salariati per organizzare il processo produttivo e, successivamente, ne acquistano la proprietà dai mercanti-manifatturieri. Grazie all'accumulazione originale, ai progressi tecnologici e alle sue conoscenze tecniche, il nuovo capitalista può investire nel processo produttivo ed ampliare la scala di produzione. A differenza dei capitalisti del commercio, quelli della produzione sanno quali macchinari acquistare e come migliorare il ciclo produttivo con continue innovazioni di prodotto e di processo. E' quindi importante sottolineare la differenza tra i capitalisti commerciali ( mercanti-manifattieri ) e quelli della produzione. Questi ultimi hanno un'origine e interessi diversi dai primi e costituiscono una nuova classe sociale emergente.