Usura nel medioevo
L'usura è uno degli argomenti economici più dibattuti nel Medioevo. Nella Patristica gli autori cristiani dedicano ampio spazio all'analisi ideologica dell'usura fino a giungere alla definitiva condanna dell'attività di prestito e finanziamento con la Scolastica. Alla base della condanna medievale dell'usura è possibile trovare diverse motivazioni di origine religiosa ma anche vere e proprie ragioni teoriche. Le prime sono facilmente riassumibili nel messaggio cristiano che invita ogni persona ad aiutare il prossimo senza sperare in alcun ritorno d'interesse La sola interpretazione religiosa non è però sufficiente a spiegare l'attenzione e la condanna dell'usura da parte degli autori cristiani medievali. È necessario approfondire questo aspetto sia dal punto di vista storico e sia dal punto di vista economico ( pensiero economico ). In questa sede ci limitiamo ad approfondire la questione soltanto dal punto di vista economico ( economia medievale ).
Teoria del valore. Le motivazioni teoriche alla base della condanna dell'usura si riallacciano alla teoria del valore della Scolastica. Secondo gli autori cristiani la moneta svolge soltanto le funzioni di unità di conto e di mezzo di pagamento ( mezzo di scambio ). Non si può, pertanto, creare valore dallo scambio di moneta. Questa visione ( sterilità della moneta ) deriva dal pensiero economico di Aristotele, riscoperto e adattato alle proprie esigenze in epoca medievale dagli autori cristiani. Il tema viene affrontato, in particolar modo, da Tommaso d'Aquino nel XIII secolo. La condanna dell'usura non equivale a una condanna del tasso d'interesse e dei prestiti, come potrebbe far pensare una semplice lettura del messaggio cristiano, ma soltanto degli eccessi. Gli autori cristiani ammettono la presenza del tasso d'interesse come indennizzo per il rischio subito dal prestatore quando si fa carico della mora del debitore. Tuttavia, l'interesse deve sempre essere moderato e rispettare il limite del giusto prezzo e non può, in ogni caso, giustificare la creazione di valore per lucro cessante del prestatore. Gli autori cristiani non definiscono un metodo per individuare il giusto tasso d'interesse e nemmeno un limite massimo oltre il quale l'interesse si trasforma in usura. Il loro pensiero economico si concretizza in una serie di precetti di comportamento per ogni singolo caso pratico. Alcuni autori manifestano una linea più moderata e altri più rigida nella condanna dell'usura.
Calvino. Nel XVI secolo Calvino apporta un'ulteriore variazione alla condanna dell'usura di Tommaso d'Aquino. Secondo Calvino non è importante il comportamento che dà origine al prestito bensì lo scopo finale. Nel pensiero di Calvino, i prestiti commerciali con tassi di interesse moderato non dovrebbero essere vietati. Pur ribadendo un limite al tasso d'interesse, Calvino giustifica la pratica dei finanziamento. Il suo pensiero si diffonde rapidamente nelle regioni mercantili più sviluppate dell'Europa centro-nord, meno nelle regioni dell'Europa meridionale ove continua a prevalere la visione ortodossa di Tommaso d'Aquino.