Storia economia
La scienza economica moderna ha inizio con gli studi di Adam Smith alla fine del XVIII secolo. In precedenza l'economia era concepita prevalentemente come gestione delle risorse private di una famiglia o di uno Stato. La "mano invisibile" di Adam Smith è considerata la pietra miliare che separa la vecchia concezione dell'economia dalla nuova e la nascita della cosiddetta "scuola classica". Gli economisti classici individuano le prime leggi economiche seguendo un metodo empirico di osservazione della realtà economica. Per giungere ad una vera e propria formalizzazione matematica della scienza economica nei primi modelli economici si dovrà, tuttavia, attendere la fine del XIX secolo con la nascita della "scuola neoclassica". Gli economisti neoclassici cercano di definire leggi economiche universali e generali seguendo gli stessi metodi scientifici della fisica. Nonostante gli sforzi compiuti dai neoclassici la scienza economica non riuscirà a raggiungere un livello di esattezza pari a quella delle scienze pure (fisica, matematica, ecc). Una forte critica alla visione positivista dei neoclassici arriva dagli economisti della scuola neo-austriaca di von Mises e von Hayek, secondo i quali i fenomeni economici sono per loro stessa natura dei fenomeni unici e irripetibili, pertanto le leggi economiche non possono essere considerate generali ed universali. Sulla base di questa presa di coscienza nel XX secolo la scienza economica ha cercato di individuare teoremi in grado di spiegare i fenomeni economici in determinati contesti storici e temporali, accontentandosi di rilevare le semplici regolarità della realtà economica. La consapevolezza della diversità tra le scienze economico-sociali e le scienze esatte ha contribuito a far sviluppare nel Novecento un ampio pluralismo di teorie economiche per spiegare i fenomeni economici in luoghi ed epoche diverse. Per questa ragione, a differenza delle scienze pure, la teoria economica si presenta con un corpo non unitario e poco compatto.