Francesco Ferrara

Francesco FerraraFrancesco Ferrara è un economista italiano del XIX secolo. Nasce a Palermo nel 1810. È direttore dell'Istituto statistico di Palermo. Nel 1848 partecipa ai moti in Sicilia ed è uno dei promotori della rivolta contro i Borboni. Successivamente si trasferisce in Piemonte dove ottiene la cattedra di economia politica all'università di Torino. Nel 1850 fonda la Biblioteca dell'economista per divulgare il pensiero degli economisti stranieri in Italia.A causa delle sue critiche governative gli viene tolta la cattedra a Torino e si trasferisce all'università di Pisa. Dopo l'unità d'Italia, nel 1857 viene eletto deputato al parlamento italiano e nel 1867 ricopre il ruolo governativo di ministro delle finanze. Nel 1881 diventa senatore. Nel 1868 gli viene affidata la direzione dell'Istituto superiore di scienze economiche e commerciali all'università Ca' Foscari. Muore a Venezia nel 1900.

Il pensiero economico di Francesco Ferrara

Gli insegnamenti e gli studi di Francesco Ferrara sono considerati la base di partenza del pensiero teorico-deduttivo sul quale si formano diversi economisti neoclassici come Pantaleoni, Pareto, De Viti De Marco, Barone, Einaudi.

Ferrara è un uomo politico di idee liberali e un economista di impostazione liberista, convinto sostenitore del capitalismo. Il suo lavoro di divulgazione è di fondamentale importanza nel periodo compreso tra il 1850 e il 1870 ( era del capitale ) per l'industrializzazione dell'Italia risorgimentale.

Come altri economisti contemporanei anche Ferrara sviluppa una teoria dell'armonia degli interessi delle classi sociali in una società capitalistica.

Nota. Nella storia del pensiero economico Ferrara è considerato il tratto d'unione tra Ferdinando Galiani e Pareto.

L'economista è fortemente critico nei confronti della scuola storica tedesca e del metodo teoretico.

Le critiche alla scuola classica di Ferrara

Oltre a rigettare la teoria del valore lavoro, Ferrara formula altre critiche alla teoria classica.

L'economista italiano rifiuta la distinzione dei classici tra lavoro produttivo ( beni materiali ) e improduttivo ( servizi ), ritenendo quest'ultimo valutabile e misurabili allo stesso modo in termini di utilità prodotta.

L'anticipazione della scuola neoclassica dell'economia

Francesco Ferrara anticipa la scuola neoclassica ma non può essere considerato come il fondatore, né come il primo economista neoclassico.

Ferrara ha ancora come riferimento la teoria classica dell'economia politica e usa gli stessi strumenti teorici di Adam Smith e Ricardo per spiegare la teoria economica.

Ad esempio, Ferrara non utilizza le variazioni marginali nella sua teoria economica anche se ha ben chiaro il concetto di sostituibilità dei beni e del confronto tra utilità e sacrificio. Usa gli strumenti della scuola classica.

Pertanto, l'economista italiano deve essere considerato soltanto come uno degli economisti dell'epoca di transizione dalla scuola classica a quella neoclassica.

Nota. Il suo contributo alla nascita della scuola neoclassica è comunque evidente e gli è riconosciuto anche dagli stessi fondatori del marginalismo. Pareto considera Ferrara come il migliore economista italiano.

La teoria del valore di Ferrara

Francesco Ferrara critica la teoria del valore oggettivistica della scuola classica e rifiuta l'idea che il valore sia una proprietà intrinseca delle merci.

L'economista sostiene una teoria del valore soggettivistica. Secondo Ferrara il valore di una merce è determinato anche dal giudizio e dal bisogno delle persone.

la teoria soggettivista del valore di Ferrara

Pertanto, il costo di produzione è determinato sia dal costo economico che dall'utilità della merce prodotta. Il valore nasce dal confronto tra il bisogno individuale e il costo di riproduzione.

Il costo di riproduzione. Per costo di riproduzione Ferrara intende il costo necessario che un individuo deve sostenere per procurarsi da sé un particolare bene economico o merce. Lo scambio sul mercato è determinati dal confronto tra due costi di riproduzione.

Da questo punto di vista Ferrara è considerato un precursore della scuola neoclassica e del marginalismo.

La teoria del costo di riproduzione

Secondo la teoria del costo di riproduzione, sviluppata da Francesco Ferrara, il valore della merce è uguale allo sforzo sostenuto per produrla.

Non è però chiaro se Ferrara indichi lo sforzo dell'acquirente, se volesse produrla ( sacrificio soggettivo dell'autoconsumo ) o quello sostenuto dal produttore della merce ( costo oggettivo di produzione ).

Il valore dei beni succedanei

Ferrara analizza il caso specifico dei beni succedanei. Secondo l'economista italiano, il valore di un bene è anche in relazione con quello del bene sostituto ed è determinato dal confronto delle utilità dei due beni da parte del consumatore.

Da questo confronto emerge il valore di scambio tra i due beni, ossia la disponibilità del consumatore a sostituire / scambiare il bene con il bene sostituto, e viceversa.

La teoria della distribuzione di Ferrara

Ferrara elabora una teoria della distribuzione basata sulla visione soggettivistica del valore.

Secondo Ferrara non esiste un surplus di produzione poiché il processo produttivo non crea nessuna nuova utilità bensì trasforma quella già esistente.

L'economista siciliano considera il capitale come il frutto del lavoro passato. A partire da questa ipotesi Ferrara smette di distinguere il reddito da lavoro ( salario ) da quello del capitale ( profitto ) poiché hanno origine entrambi nel lavoro, il salario dal lavoro corrente mentre il profitto dal lavoro passato.

la teoria del capitale di Ferrara

Ferrara critica anche l'idea della scuola classica, sostenuta da Ricardo e Malthus, di una progressiva crescita della rendita nel tempo. Secondo Ferrara i redditi da lavoro crescono in modo congiunto poiché beneficiano dell'incremento della produttività del lavoro ( reddito da capitale ).

Le crisi economiche non hanno origine da una tendenza storica, secondo l'economista, bensì da cause congiunturali, dagli errori di previsione degli agenti economici e dalle imperfezioni del mercato del credito.

La teoria della produzione di Ferrara

Ferrara usa la teoria della costo di riproduzione anche per spiegare la produzione. Secondo l'economista, lo scambio tra due merci equivale allo scambio tra due sacrifici o sforzi produttivi.

In regime di concorrenza il costo di una merce è uguale al suo valore. A sua volta, secondo Ferrara, il valore della merce è uguale al sacrificio sostenuto per produrla ( o per cedere una cosa propria ) e alla pena sostenuta se rinuncia ad acquisire una cosa altrui.

Nota. Nella sua teoria della produzione Ferrara ha ben chiaro il concetto di sostituibilità delle merci e quello del confronto tra utilità e pene, sia per spiegare le scelte di produzione che quelle di consumo. Rispetto ai neoclassici Ferrara non analizza le variazioni marginali, ma ha ben chiaro il presupposto teorico che sarà poi alla base della futura rivoluzione marginalista.

La teoria della finanza pubblica di Ferrara

Francesco Ferrara è considerato uno dei fondatori della scuola italiana della finanza pubblica.

L'economista concepisce lo Stato come un fornitore di servizi pubblici, al pari delle aziende che offrono i servizi privati sul mercato. Le imposte sono considerate come il prezzo da pagare per fruire dei servizi pubblici.

La teoria della finanza pubblica di Francesco Ferrara

Nella sua teoria della finanza pubblica Ferrara distingue due situazioni:

  1. Situazione ideale ( economica ). La situazione economica si verifica quando le imposte sono il prezzo dei servizi e dei beni pubblici offerti dallo Stato.
  2. Situazione storica ( oppressiva ). La situazione oppressiva si verifica quando il prelievo fiscale non corrisponde al valore dei servizi pubblici offerti dallo Stato. A un aumento delle imposte non segue un aumento dei servizi pubblici.

Secondo Ferrara, lo Stato diventa dittatoriale e autoritario quando aumenta il prelievo fiscale, in modo oppressivo, senza fornire in cambio nessun miglioramento nell'offerta dei servizi pubblici.

La teoria della moneta di Ferrara

Ferrara critica la teoria quantitativa. Ritiene inutile aumentare la quantità circolante della moneta quando la fiducia del pubblico è scarsa.

la teoria della moneta

Trappola della liquidità. Questa visione di Ferrara anticipa la trappola della liquidità di Keynes, secondo cui l'offerta di moneta è sterile quando le aspettative degli operatori economici sono negative, poiché l'immissione della moneta aggiuntiva sarebbe tesaurizzata e non impiegata in investimenti.

L'economista giudica la moneta come un bene qualsiasi ed è influenzata anch'essa dalla legge della riproduzione.

Le opere di Ferrara

  1. "Lezioni di economia politica" ( pubblicazione postuma nel 1934 )
  2. Prefazioni alla Biblioteca dell'economista ( raccolta del 1889 )
    "Esame storico-critico di economisti e dottrine economiche"

https://www.okpedia.it/francesco-ferrara


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  1. La storia del pensiero economico
  2. Il bullionismo
  3. Il mercantilismo
  4. La scuola fisiocratica
  5. L'utilitarismo
  6. La scuola classica
  7. La scuola marxista
  8. La rivoluzione marginalista
  9. La scuola neoclassica
  10. La scuola keynesiana
  11. La scuola monetarista


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