La teoria sulla moneta di John Stuart Mill

John Stuart Mill partecipa al dibattito sulla politica monetaria inglese nella prima metà del XIX secolo. Compie soprattutto un lavoro di sintesi.

La sintesi milliana della teoria monetaria

Inizialmente J.S. Mill ha una visione bullionista, metallista e ricardiana della politica monetaria.

Seguendo i dettami della teoria quantitativa della moneta, secondo l'economista l'inflazione inglese ha origine dall'eccessiva espansione monetaria.

A partire da questa visione iniziale J.S. Mill costruisce una sintesi accogliendo anche diverse tesi delle scuole di pensiero opposte.

La sintesi milliana delle teorie monetarie della scuola metallista e bancaria

Negli anni '30-40 del XIX secolo J.S. Mill amplia la sua visione della moneta e si stacca da quella ricardiana classica.

Dopo il ripristino della convertibilità in oro della sterlina, secondo J.S. Mill non possono più verificarsi situazioni di eccesso di emissione di moneta. Questa situazione può accadere soltanto in regime di corso forzoso della valuta.

Pertanto, l'origine dell'inflazione dei prezzi va cercata in altre cause come la speculazione.

Nel corso del tempo J.S. Mill accoglie diverse tesi antibullioniste della Scuola bancaria.

  1. Concepisce la moneta come insieme di depositi, credito e circolante e non più soltanto circolante.
  2. Ipotizza l'esistenza di un'offerta di moneta endogena.
  3. Accoglie la teoria del riflusso e la teoria del risparmio forzoso.

Infine, J.S. Mill giunge alla conclusione della Scuola bancaria secondo cui il valore delle transazioni determina la quantità della moneta circolante.

La critica al Bank Charter Act

Nel 1844 J.S. Mill è contrario al Bank Act. Lo ritiene uno strumento inefficace per contenere l'inflazione perché non influisce sui fenomeni speculativi.

Quali sono le critiche di J.S. Mill al Bank Act?

Il Bank Act impone alla banca centrale inglese di intervenire modificando l'offerta di moneta per difendere le riserve auree nazionali e impedire il drenaggio intero di oro.

In una fase di crisi economica, per impedire il drenaggio di oro la Banca d'Inghilterra restringe l'emissione di moneta ( stretta monetaria ).

Così facendo però la banca centrale peggiora la crisi economica.

La contrazione dell'offerta di moneta riduce l'inflazione ma, in alcuni casi, può anche causare la riduzione dei prezzi prezzi, ossia la deflazione.

La deflazione disincentiva le imprese a investire nella produzione perché l'ipotesi di una futura diminuzione dei prezzi riduce le aspettative di profitto.

Secondo J.S. Mill la deflazione peggiora le attese di profitto, contrae la domanda di investimenti, della produzione e delle attività speculative.

Inoltre, la deflazione genera aspettative negative anche nei creditori. Il sistema bancario limita l'offerta di credito, rendendo più difficile l'accesso al credito alle imprese e aumentando il costo del finanziamento ( tasso di interesse ).

Questi fenomeni causano un peggioramento della crisi economica. A causa degli interventi della banca centrale la fase ciclica di recessione viene ampliata invece contenuta.

La politica monetaria anticiclica suggerita da J.S. Mill

Per attuare una politica anti-ciclica, secondo J.S. Mill, nei periodi di recessione la banca centrale dovrebbe espandere l'offerta monetaria per sostenere l'inflazione dei prezzi e migliorare le aspettative di profitto delle imprese.

L'inflazione deve comunque essere moderata nel sistema economico. Se l'inflazione diventa eccessiva, rischia di provocare una bolla speculativa con drammatiche conseguenze future.

Esempio. Quando gli operatori considerano troppo elevata l'inflazione, si aspettano un rallentamento futuro della crescita dei prezzi o, nel caso peggiore, un calo dei prezzi ( deflazione ). In caso di deflazione si diffondono aspettative recessive e panico tra gli speculatori che svendono le attività/merci, frenano o rimandano gli investimenti produttivi a un periodo futuro migliore. La crisi peggiora e il ciclo economico si accentua.

L'inflazione e il risparmio forzoso

Nei "Principi" J.S. Mill accoglie la tesi del risparmio forzoso, secondo la quale l'inflazione crea il capitale.

L'inflazione dei prezzi genera un risparmio forzato presso i creditori, gli acquirenti e lavoratori, redistribuendo la ricchezza a favore dei debitori e delle classe produttive ( imprese ).

L'inflazione stimola così gli investimenti delle imprese e migliora le aspettative future della speculazione.

Pertanto, l'inflazione ha un effetto positivo sull'accumulazione capitalistica di un paese.

Le aspettative di profitto e il tasso di interesse

Per sostenere la speculazione ( domanda di investimento ) J.S. Mill suggerisce anche una politica di contenimento dei tassi di interesse.

La teoria del tasso di interesse di J.S. Mill

Nella sua teoria monetaria J.S. Mill pone in evidenza soprattutto il tasso d'interesse come strumento per controllare la speculazione.

Nota. J.S. Mill prende sicuramente spunto dalla teoria monetaria di Henry Thornton sul ruolo del tasso di sconto e del tasso di interesse.

Il tasso di interesse è determinato dalla domanda e dall'offerta di fondi prestabiliti.

La domanda è trainata dalle spese per gli investimenti e dalle spese improduttive dei proprietari terrieri e dello Stato.

L'offerta di fondi è, invece, determinata dai risparmi, i depositi e il circolante a disposizione nel sistema economico.

Quando il saggio di profitto è superiore al tasso di interesse, aumenta la spesa per investimenti da parte delle imprese, facendo crescere il tasso di interesse di mercato.

In condizioni di equilibrio, il tasso di interesse eguaglia il saggio di profitto, la remunerazione dell'astinenza e il rendimento atteso del capitale.

Nota. Quando il tasso di interesse è in equilibrio, la teoria della moneta e dell'interesse di J.S. Mill si ricollega alla remunerazione dell'astinenza della sua teoria del capitale.

La teoria del riflusso

J.S. Mill riprende dalla Scuola bancaria anche la teoria del riflusso, secondo la quale un eccesso di liquidità monetaria può causare il deficit della bilancia dei pagamenti con l'estero.

Secondo J.S. Mill l'avanzo commerciale con l'estero genera un afflusso di oro nelle riserve nazionali che espande l'offerta di moneta e riduce il tasso di interesse.

La riduzione del tasso di interesse stimola l'esportazione del capitale.

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