Teoria dell'illusione finanziaria
La teoria dell'illusione finanziaria è una teoria della finanza pubblica secondo cui le scelte pubbliche del policy maker non sono determinate dall'interesse collettivo, bensì dagli interessi particolari e dall'inganno.
La teoria dell'illusione finanziaria viene elaborata per la prima volta nel 1903 dall'economista e giurista italiano Amilcare Puviani, professore di economia politica all'Università di Bologna, con la pubblicazione del libro "Illusione finanziaria".
Il policy maker è un soggetto con interessi privati che persegue obiettivi diversi dai bisogni della collettività.
Ad esempio, in una democrazia il policy maker è un politico ed è sottoposto al giudizio periodico della cittadinanza tramite le elezioni.
Pertanto, per essere rieletto il policy maker utilizza le leve della spesa pubblica e delle entrate pubbliche per soddisfare gli interessi del proprio elettorato, affermando però che si tratti di decisioni prese nell'interesse pubblico.
La collettività ascolta l'annuncio e crede alle giustificazioni del policy maker.
Si crea così una illusione finanziaria.
In genere, il policy maker è particolarmente influenzato dalle lobbies che detengono il potere economico del paese, ancor prima del proprio elettorato, perché gli consentono di ottenere i finanziamenti necessari per conquistare il consenso politico.
La collettività accetta le decisioni e i sacrifici nell'interesse pubblico, se la credibilità del policy maker è alta.
Viceversa, se la credibilità del policy maker è bassa, l'illusione finanziaria non si verifica e aumenta il grado di protesta e il malcontento della popolazione.
In conclusione, secondo la teoria dell'illusione finanziaria la funzione della finanza pubblica non è determinata dai bisogni collettivi.