Storia dei buchi neri
L'uomo comincia a porsi le prime domande sui buchi neri già nel XVIII con gli studi di J.Michell e Pierre Simon marchese di Laplace. Il ragionamento è abbastanza semplice. La teoria della gravità implica il concetto di "velocità di fuga", scoperta da Galileo Galilei, ossia quella velocità che un corpo deve avere per essere in grado di vincere la forza gravitazionale di un pianeta e andare nello spazio. Per velocità inferiori a quella di fuga il corpo ricade al suolo. Per sfuggire alla gravità terreste è necessaria una velocità di fuga di almeno 11,2 km/secondo.
La velocità di fuga non è determinata dal corpo da mettere in orbita, bensì dalla massa del pianeta da cui ci si vuole allontanare. Così, per sfuggire alla gravità del Sole è necessaria una velocità di almeno 620 km/secondo. Tanto più la massa del pianeta è concentrata (volume inferiore), tanto maggiore sarà la velocità di fuga necessaria per vincere la sua forza gravitazionale. Ad esempio, una stella 'nana bianca' può avere la stessa massa del Sole e un volume notevolmente più basso (raggio inferiore) esercita una forza gravitazionale migliaia di volte più forte.
j.Michell e P.Simon de Laplace ipotizzano l'esistenza di una velocità di fuga pari o superiore a quella della luce nel vuoto (300.000 km/secondo). In questi casi nemmeno la luce riuscirebbe a resistere alla eccezionale forza gravitazionale del corpo astrale. Una sorta di stella al contrario che invece di rilasciare luce la cattura, in altri termini un buco nero. Nella teoria dei due scienziati questo sarebbe potuto accadere in un corpo dotato di grande massa e basso volume.
Da questi primi appunti prendono spunto gran parte degli studi sui buchi neri condotti nel corso del '900.
20070908