Il secondo Romanticismo e la Scapigliatura

Il fallimento dei moti mazziniani conduce nel 1848-49 ad un altro tipo di lotta risorgimentale, una lotta moderata inaugurata dalla politica del piemontese conte di Cavour. E' questo il momento degli scrittori della seconda generazione romantica, improntati ad un romanticimo moderato e superficiale, vuoto e patetico. Tra questi “arcadi” romantici emergono le figure del veronese Aleardo Aleardi e del trentino Giovanni Prati. Aleardi adotta un linguaggio poetico elevato ed elegante per trattare di temi patriottici, sentimentali, sociali e storici in chiave borghese. Emerge, tuttavia, una sfiducia di fondo nell'approccio a tali tematiche risorgimentali, tanto che la storia diventa un'occasione di evasione dalla realtà presente, con note paesistiche che prefigurano la poetica decadente. Ad esprimere ancor meglio l'ideologia e la sensibilità borghese e piccolo borghese moderata è Giovanni Prati, con il suo ambiguo paternalismo populista e reazionario e il suo moralismo spicciolo nell'affrontare la tematica della crisi imperante degli ideali familiari. La figura del poeta viene, in questa fase, nuovamente idealizzata quale rappresentante di una più alta umanità che si proietta in un mondo di pura immaginazione. Altra cosa fu, nel periodo successivo agli anni sessanta dell'800, la Scapigliatura, nuova corrente letteraria inaugurata da un gruppo di giovani poeti milanesi: Arrigo Boito, Emilio Praga, Iginio Tarchetti e Giovanni Camerana. Gli Scapigliati, ventenni e trentenni turbolenti, indipendenti e anarchici, rispondevano al disorientamento morale dei tempi correnti. Rifiutavano progressismo, positivismo e scienza contemporanea ma senza peraltro proporre soluzioni alternative, né dal punto di vista sociale né letterario. Tra di essi figuravano giornalisti, politici, scrittori repubblicani e anticlericali oltre che socialisti e anarchici, i quali vivevano in modo irregolare e “maledetto”, come Baudelaire e Heine, sprezzanti nei confronti della civiltà industriale. Nella loro poesia trionfa l'autobiografismo, un realismo oltre che tematico anche lessicale e un idealismo spinto e individualista, talvolta macabro e patologico. Anticlericali, blasfemi e inclini ad un erotismo ribelle, gli scapigliati considerano Manzoni e ciò che rappresenta il loro estremo antitetico. Al grido di “scienza vattene” gli scapigliati si scagliano contro la dissacrazione scientifica e razionalista del sogno, della vagheggiata condizione primitiva. Dal punto di vista poetico si cimentano in sperimentazioni sincretiche e sinestesiche, sebbene a puro livello velleitario. L'arte comincia a identificarsi con la vita, in quanto espressione di pura irrazionalità e pur rifiutando la visione razionalista e modernista del mondo non contemplavano, al pari, l'esistenza di Dio e della provvidenza. Bruttezza, deformità, miseria, emarginazione e follia emergono da città sinistre e dominate dalla criminalità, il tutto descritto attraverso un linguaggio dimesso, quotidiano e talvolta oscillante tra un parlato dotto e uno tipicamente dialettale.

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