Il Decadentismo in Europa

Imperialismo, capitalismo di tipo monopolistico ed esasperazione della nazionalità dei popoli determineranno nel '900 un capovolgimento dei valori e degli ideali ottocenteschi, un vuoto ideale che ben presto sfocerà nella assoluta mancanza degli stessi valori. Ci si avvia verso un periodo di guerre devastanti, le due guerre mondiali, che creeranno il terreno fertile per quelle tendenze artistiche e culturali che in Francia, già dal 1880, vennero etichettate quali “decadenti”. Tale termine metteva in rilievo in negativo l'aridità spirituale, l'asocialità, la perdita di armonia proprie di questo periodo, dal punto di vista prettamente culturale. L'irrazionalità verso cui la prima guerra mondiale proietta l'umanità determinerà il netto rifiuto nei confronti dell'ottimismo scientista e positivista del periodo precedente, contrapponendo alla visione sociologica quella individualista. La violenza si afferma in chiave collettiva con le guerre, politica con l'affermarsi delle dittature e individuale con la teoria filosofica del superomismo, grazie a cui l'uomo poteva porsi “al di là del bene e del male”, al di là della morale e delle leggi. Si assiste, peraltro, ad un ritorno al desiderio di evasione, al vagheggiamento, di stampo post-romantico, di un'oasi originaria di innocenza che in taluni casi porterà a rifugiarsi nell'eccentrico, nel patologico e nella ossessione sessuale. La produzione letteraria tenderà a respingere nettamente l'oggettivismo positivista per riaffermare il soggettivismo fino alla sua estremizzazione. Il mondo non è più come appare realmente, bensì come lo vede l'artista decadente, il quale considera la sua stessa vita un'opera d'arte e l'opera d'arte fine soltanto a se stessa (“l'arte per l'arte” di Verlaine e D'Annunzio). Dal punto di vista stilistico, il letterato tende a rifiutare ogni tipo di tecnicismo tradizionale e a ricercare suggestioni foniche o sinestetiche che possano metterlo in contatto con il suo stesso subconscio, con la parte più nascosta e recondita del suo io e della stessa realtà che lo circonda. Baudelaire spazzò via ogni forma di contaminazione tra la poesia e altri campi del sapere, sostenendo l'unicità dell'arte, la cui fonte di ispirazione altro non è che l'immaginazione. Quest'ultima riesce a rendere coerente, tramite il poeta-decifratore, ciò che i nostri sensi percepiscono come disarmonico e caotico, coglie “le corrispondenze” della natura, le analogie universali. La poesia coglie l'occasione di interpretare quella “foresta di simboli” che è la natura con il procedimento della sinestesia, attraverso cui si trasferiscono le sensazioni da una zona sensoriale ad un'altra (“La pioggia nel pineto” di D'Annunzio ne costituisce un esempio illuminante). Tra analogie e simbologie si fa strada la poetica baudelairiana dello “spleen”, secondo cui “speranza piange disfatta e angoscia, dispotica e sinistra, pianta sul mio cranio riverso la sua bandiera nera”. È il trionfo del vizio, della malattia, della morte e della esclusione dagli altri, stati d'animo eccezionali che spesso lo stesso poeta si procura sotto l'effetto degli stupefacenti e dell'alcool. Saranno i simbolisti a riceverne l'eredità ricorrendo a metafore, similitudini, allusioni per il lettore che sia in grado di comprenderne il senso, talora amplificandolo se di particolare sensibilità. La poetica assurgerà a musicalità suggestiva, intima, lirica in Verlaine, Rimbaud, Mallarmé. Il poeta da vate romantico diventa veggente decadente, alla continua ricerca della sperimentazione stilistica. In Inghilterra è il movimento preraffaelita ad ispirarsi alla poetica dell'estetismo, che esalta la devozione alla bellezza e alla raffinatezza e che trova la sua massima espressione in Huysmans con “A rebours”. Des Esseintes, il protagonista del romanzo, si rifugia nella sua prigione dorata, tra profumi esotici e artificiosi, per sfuggire alla realtà e crearsene una su misura, alla stregua dell'Andrea Sperelli dannunziano, nel romanzo “Il piacere”. Estetismo e dandysmo intellettuale (es. Oscar Wilde con “Il ritratto di DorianGray) rendono essenziali le cose futili e stravaganti, mentre alimentano la ricerca e il desiderio dell'eterna bellezza e giovinezza, il mito dell'esotico e del mistero (Kipling e Stevenson). Siamo all'atto di morte del naturalismo e del positivismo, teorizzato da D'Annunzio con queste parole: “La scienza è incapace di ripopolare il disertato cielo, di rendere la felicità alle anime in cui ella ha distrutto l'ingenua pace. NON VOGLIAMO PIU' LA VERITA'. DATECI IL SOGNO. Riposo non avremo se non nelle ombre dell'ignoto”.

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